Le tracce tra mito e realtà Walter Landini
L'uomo fin dai suoi primi passi ha cercato di utilizzare tutto
ciò che la natura gli offriva prelevando elementi dal mondo
animale, vegetale e minerale, non solo per alimentarsi
ma anche per la cura di malattie o per sfruttare presunte
proprietà portentose con rituali magico-religiosi. Il ritrovamento
nelle rocce di oggetti sconosciuti (fossili) e di misteriose
tracce, che non rientravano nel semplice ordine naturale delle
cose, arricchirono di nuovi simboli il già vasto mondo
dellirrazionale. Così nei tempi delle fatture, dei filtri
e delle pozioni magiche anche i fossili hanno versato il loro contributo.
Molte di queste credenze erano così forti e radicate che alcune
sono sopravvissute ancora oggi nella nostra civiltà, si pensi all'uso
di amuleti quali il cometto, il corallo rosso o alle virtù
protettive attribuite all'ambra.
Ai fossili ed alle tracce sono legate fantastiche storie e
sovente il loro ritrovamento rappresentava la prova tangibile
della veridicità di miti e leggende.
Così l'ascesa dei polimorfi, esseri immaginari derivati per
deformazione mostruosa da organismi reali, è favorita dal ritrovamento
di tracce e fossili mal interpretati. E l'esistenza del drago, il
polimorfo per eccellenza, composto da un serpente ed un uccello,
mostro malefico per antonomasia e necessaria controparte
all eroe salvatore, incessantemente combattuto ed ucciso da
legioni di santi e cavalieri, veniva dimostrata dal ritrovamento
di tracce di riempimento delle valve di un mollusco bivalve (rudista) estinto
alla fine dell'Era Mesozoica, scambiate per denti o in modo più
eclatante dalla scoperta di crani fossili attribuiti al mostro,
ma in realtà appartenenti a rinoceronti.
Così le frequentazioni terrestri del diavolo, furbissimo e
implacabile tentatore, inesorabilmente destinato a figure
meschine, restavano documentate da impronte di vario tipo
impresse nella roccia. Le orme di rettili fossili, come quelle di
alcuni dinosauri o le sezioni trasversali, a forma di zoccolo, di alcuni molluschi
(Megalontidi) del Trias delle Alpi, ne testimoniavano non solo la
presenza ma anche le diverse sembianze sotto le quali si celava
nelle sue visitazioni terrene. Così antichi messaggi extraterrestri
si materializzavano in tracce, anche se di natura minerale. Le
vene di calcite nei ciottoli infatti assumono spesso forma di
lettere o numeri, provate a cercare lungo il greto ciottoloso di
un torrente e ne avrete la prova. Il recupero di questi ciottoli
con sillabe e numeri permetteva di ricostruire frasi di senso compiuto,
alle quali veniva attribuito un particolare significato divino. E
la Liguria? Anche la nostra terra ha già dato: dalla più antica
storia della pietra-serpente alla più recente scoperta dello
yeti.
La credenza della pietra serpente diffusa in molte zone era viva
anche alla Spezia: nel secolo scorso in una cava nei dintorni di Vezzano
fu ritrovata una strana pietra contenente un corpo spiralato,
attribuito ad un "serpente pietrificato" avvolto su se stesso
e privo di testa. Dopo qualche anno, come riporta Capellini, fu
riconosciuta la natura fossile del reperto ed attribuito ad un'ammonite;
un mollusco estinto alla fine dell'Era Mesozoica (circa 66
milioni di anni fa), che possedeva un guscio a spirale piana. Ma il mito
del serpente pietrificato quasi a voler esorcizzare il simbolo
biblico del peccato, non è ancora crollato, così se esce la
storia dellammonite-serpente entra quella della spina di
serpente, in altre regioni italiane. In alcune località infatti
le tracce allungate, sottili. denticolate di foglie fossili
vengono interpretate come una colonna vertebrale pietrificata del
rettile: appunto "spina di serpente".
E lo Yeti nostrano? In molte tradizioni all'origine del mondo
cè un gigante dalle cui ossa si generano le montagne, dal
sangue il mare e così via, in altre invece questi esseri vengono
declassati al ruolo di "abominevoli uomini delle nevi"
e relegati in qualche inaccessibile montagna. Lo yeti di casa,
che potremmo far rientrare in quest'ultima categoria, nessuno
l'ha visto ma qualcuno ha creduto di individuarne la presenza con
il ritrovamento di orme gigantesche su alcuni poggi della Liguria occidentale.
Purtroppo di questo "abominevole uomo dei vigneti" non
c'è traccia vera, quelle trovate infatti non sono che semplici
prodotti naturali dovuti a fenomeni di erosione superficiale che
simulano la morfologia di un gigantesco piede umano.