Planimetria dell'edificio ecclesiale, dell'oratorio e torre, con indicazione degli scavi archeologici (1985)
La chiesa di San Venerio di Migliarina, che -seppur priva ormai di funzioni parrocchiali- è ancor oggi detta localmente "la Pieve", è dedicata ad un monaco eremita vissuto secondo la tradizione fra VI e VII secolo nell'isola del Tino, di fronte a Portovenere. Le sue reliquie sarebbero state poi traslate, circa alla metà del secolo VII, nella chiesa di terraferma, e più di due secoli dopo, a causa delle incursioni saracene, trasportate per maggior sicurezza a Reggio in Emilia.
Il sito della presunta deposizione, oggi nel Comune della Spezia, fino agli inizi del Novecento parte della distrettuazione di Vezzano Ligure, fu fatto oggetto di un rinnovato fervore di culto nella metà del secolo XI, allorché la chiesa antica, che la tradizione dice esser stata distrutta, venne ricostruita nelle attuali forme protoromaniche. In un atto del 1084, quasi un certificato di nascita del nuovo edificio sacro, i signori locali, i Vezzano, che prendevano nome dall’omonimo castello fonte del loro potere, ne dispongono la ricostruzione, facendone quasi un santuario di famiglia, affidato al monastero di San Venerio del Tino.
La chiesa romanica adotta una partitura mononavata con due absidi (secondo la tipologia delle cosiddette biabsidate, connesse con un culto reliquiario) in una progettazione che vede come modulo di base il diametro di un’absidiola di un precedente edificio cultuale, databile all'altomedievo, i cui lacerti sono rintracciabili nelle fondazioni della chiesa romanica.
Si appoggia ad una massiccia torre campanaria antecedente di circa 50 anni, che disinvoltamente reimpiega nelle decorazioni del paramento murario laterizi romani e rivela una scala in spessore murario, del tutto eccezionale per l’epoca.


I siti delle rotte commerciali etrusche nell’alto Tirreno (da Bonamici, in “Studi Etruschi”)
L’edificio sorge, circondato come in antico da un cimitero, ai piedi dei rilievi collinari della costiera orientale del golfo della Spezia, sul ripiano di confluenza, in declivio, di due fossati che discendono dalla displuviale del monte Boverone.
Si tratta di un'area percorsa da un'antica viabilità di collegamento fra la vallata della Magra e i tracciati viari a mezzacosta del lato orientale del golfo, raccordabili ad una viabilità marittima.
Negli anni '80 è stato infatti rinvenuto materiale ceramico che attesta, nell’area più a monte della chiesa, la presenza di un insediamento dell'età del ferro finale (VI sec. a. C.), aperto anche a scambi commerciali con l'Etruria, da cui s’importava ceramica pregiata come il bucchero pisano, tappa perciò di un itinerario marittimo che giungeva nel nostro golfo.
La successiva colonizzazione fondiaria romana, promossa probabilmente dalla vicina colonia di Luni già nel sec. I a. C., è confermata dalla toponomastica (l’area si chiamava Antoniano, toponimo prediale), e da un robusto muro di recinzione in opus incertum, di epoca tardo repubblicana, raffrontabile con un consimile nella villa rustica del Varignano: esso è ancor oggi visibile, grazie ad una botola, a livello delle fondazioni della chiesa romanica.
È stata anche fatta l’ipotesi che la zona sia da identificarsi con il sito Boron della Tabula Peutingeriana, la famosa carta di percorsi stradali di epoca tardo-romana, per l’assonanza Beverone- Boron, attraverso la forma medievale castrum Boveronis - Borono, ma oggi, sulla base di documentazione medievale genovese, essa non è più sostenibile.
La costruzione e la seguente devozione per l'edificio sacro protoromanico, con però una tradizione cultuale e funeraria risalente all'altomedievo, provocarono una ridotta concentrazione di popolazione e un incastellamento non lungi dal luogo sacro, tanto che dal secolo XII la zona è chiamata villa Sancti Venerii. Promossa a pieve, a chiesa cioè battesimale, fulcro della organizzazione gerarchica vescovile, e inserita nella circoscrizione diocesana Lunense, nel quadro del riassetto dei territori e possessi vescovili del XII secolo, avrà sempre poche cappelle dipendenti e scarso sviluppo territoriale. La crescita del vicino insediamento di Migliarina con la chiesa di San Giovanni, un tempo dipendente dalla pieve, apporta la dizione attuale di San Venerio di Migliarina, usata almeno a partire dal sec.XVIII.


 
Muro romano sotto l'abside maggiore
(scavi Cimaschi 1959)
Tomba altomedievale sotto il presbiterio
(scavi Cimaschi 1959)
A partire dal secondo decennio del Novecento, la storiografia lunigianese, in particolare Ubaldo Mazzini e Ubaldo Formentini, ha rivolto il proprio interesse all'ente religioso, facendone una delle basi alle problematiche della ricerca sulle prime fondazioni ecclesiastiche cristiane, sul problema della continuità dal sistema circoscrizionale pagense al pievano. Nel quadro degli interventi di restauro, e seguenti studi di archeologia cristiana per il golfo della Spezia, condotti al monastero dell'isola del Tino, al Tinetto, a Portovenere fra il '52 e il '61, anche la pieve di Migliarina fu oggetto, in occasione della rimozione della pavimentazione della navata, di scavi archeologici condotti da Leopoldo Cimaschi nell'area presbiteriale; si mise così in luce una sequenza pluristratificata di strutture, che trovavano una coincidenza con le informazioni - e suggestioni- provenienti dai documenti scritti, specie agiografici.
Negli anni '80 si procedette ad una revisione, un nuovo rilievo e ad analisi delle tecniche e dei materiali congiunta con quella sedimentologica delle malte, in funzione di una rilettura delle unità stratigrafiche murarie dell'area scavata, ancora raggiungibile sotto il moderno altare; quindi ad un field survey nell'adiacente vallecola e ad uno scavo su concessione ministeriale, diretto dalla scrivente, nel contiguo oratorio insistente su una necropoli medievale (secc.XI-XVI).

Eliana M. Vecchi



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