dal Secolo XIX del 30 dicembre 2001
Il Comitato difesa Piazza Saint Bon è nato da una preoccupazione. Esso è formato da persone che prima si conoscevano quasi soltanto di vista. Persone che invece di vivere individualmente la loro preoccupazione ne hanno parlato con gli altri, hanno cercato la collaborazione, hanno trasformato la loro preoccupazione in problema. Ed è nato il secondo polo della questione. Il primo polo è costituito dalle esigenze del traffico veicolare base per i bisogni della vita sociale.
In un primo tempo l'opposizione tra i due poli ha fatto scintille, per gli equivoci, le incomprensioni, le rigidezze, ed anche per la polisemanticità d'alcune affermazioni che riproponevano il duello tra la piazza e le auto. Da una parte la dinamicità del traffico come uno dei fattori della vita economica della città. Dall'altra la staticità della vita di piazza. Anche in questa parte della città si combatteva il duello tra la piazza e l'automobile che caratterizza la vita delle città odierne.
La piazza, questo supporto quotidiano della vita sociale dove ci si incontra, dove si indugia a parlare a scambiarsi saluti, notizie, battute, pettegolezzi, mugugni, esperienze, idee, dove i bambini corrono inutilmente dietro i piccioni, questo luogo che sottrae le persone alla limitatezza delle attività, delle abitudini, dei pensieri della loro strada e le fa incontrare con altre persone che hanno punti di vista diversi, questa piazza era minacciata nella sua funzione e nel suo verde dall'impeto dinamico del traffico veicolare e correva il rischio di essere trasformata in strada, in nodo stradale, in carosello rumoroso ed alienante. Lungo le strade si cammina, si va verso i propri affari, ai negozi, ai laboratori, agli uffici. Raramente ci si ferma per conversare con gli altri. Chi si ferma ingombra i marciapiedi, che non sono più a misura del pedone, ma a misura dell'auto, cioè stretti e facilmente intasabili.
Nella piazza la vita acquista la sua lentezza, la sua disponibilità alla conversazione, al dialogo, al confronto d'idee, a nuovi criteri di selezione intellettuale. Essa è anche un salotto, e una scuola dove l'individuo accoglie idee altrui o almeno riconosce che esistono ed hanno il diritto di esistere idee diverse dalle sue. Ed è questo l'apprendimento più importante che la piazza favorisce: l'abitudine al rispetto delle idee altrui, che è fondamento del metodo democratico e base della convivenza sociale. Infatti, la civiltà d'una società non è caratterizzata dall'omogeneità delle idee, ma dalla libera circolazione delle idee diverse. Veritas in plateis dicevano gli umanisti delle repubbliche del Quattrocento. Era v'ero, ma nel senso che la verità nasce dal confronto di idee, e che, più delle singole idee, è vero e valido il loro confronto. La democrazia di base nasce sui luoghi di lavoro per quel che riguarda gli interessi immediati della gente, ma nasce nelle piazze dal confronto di idee e abitudini, dalle conversazioni tra sconosciuti, dalle proteste di uno di due, di molti, per quel che riguarda la vita di tutti.
Ora in una società in cui troppe cose producono frammentazione sociale, in una società in cui si è perduta l'abitudine alle reciproche visite tra le famiglie, ormai isolate dall'abitudine al televisore, in una società in cui il movimento delle persone isola le persone stesse nei loro abitacoli a quattro ruote, per cui coloro che procedono nella stessa direzione, non sono compagni di strada, ma rivali che forse vogliono superarci o gente da cui guardarsi perchè potenzialmente pericolosa, diventa rara ogni occasione di superamento della disunione sociale. Il linguaggio sbrigativo e ripetitivo usato dagli automobilisti somiglia a quello dei fumetti: imprecazioni, insulti, parolacce. Non è il linguaggio del dialogo. L'automobilista vede la città come un gruppo di strade, come un insieme di direzioni tra cui scegliere, e non ama ciò che lo rallenta, ciò che lo fa deviare, ciò che glí impedisce di fermarsi e di parcheggiare. Egli concepisce lo spazio come una cosa da occupare. L'horror vacui domina la sua mente: per lui la piazza è un luogo da attraversare rapidamente oppure un luogo in cui lasciare la propria auto. Per lui essa non è il luogo della pausa, del riordino dei propri pensieri, della riconquista di se stesso. Così nel corso degli anni, ai pochi automobilisti che parcheggiavano ai lati delle piazze, si sono affiancati, sempre più numerosi altri che lentamente hanno occupato tutte le piazze. L'auto ha rubato le piazze alla città.
Eppure nella nostra città il duello tra auto e piazza era cominciato. C'era stata la riscossa della piazza. Piazze come piazza Sant'Agostino, piazzetta del Bastione, piazzetta degli artisti, piazza Ramiro Ginocchio, perfino Corso Cavour, hanno ritrovato la propria vocazione di tranquillo luogo di riposo e d'incontro sociale.
Per questo ci sembrò una contraddizione l'annullamento della nostra piazza.
Da questi problemi, reali o temuti, nacque il Comitato Difesa Piazza Saint Bon. Persone che si conoscevano appena costruirono un centro di coesione, di presa di coscienza su timori, forse immotivati, ma sentiti come reali. Il Comitato trasformò la paura, la rabbia, le imprecazioni di tante persone in un insieme coordinato di proposte presentate civilmente all'Amministrazione. La raccolta di firme dette forza e convinzione alla vita del Comitato. Il problema venne avvertito anche dal resto della città.
Il Comitato trovò nel Sindaco un ascoltatore attento e perciò comprese l'utilità del colloquio, constatando una differenza di linguaggio tra i vari livelli dell'Amministrazione, che apriva uno spiraglio alla speranza.

Lungo il suo percorso, spontaneo e per qualche aspetto un po' goffo, il Comitato trovò un prezioso alleato.
Ignorato dal Comitato, il "Gruppo tematico" stava sviluppando da tempo un complesso organico di riflessioni sugli aspetti della città, sui suoi problemi e sulle sue attese. Il contatto col "Gruppo tematico" arricchì il Comitato dí una visione più razionale del problema, confermando valida l'affezione sentimentale per la nostra piccola pineta e mettendo in evidenza l'irrazionalità di proposte dei tecnici del Comune che ci avevano reso tra perplessi ed increduli. I lavori, culturalmente sostenuti, del Gruppo tematico conferirono al Comitato spontaneo una maggiore fiducia nel dialogo con l'Amministrazione, e, inoltre, sensibilizzarono il Comitato su altri temi importanti dello sviluppo della città, temi non strettamente connessi con i problemi dai quali esso era nato.

Tutto questo per rilevare l'importanza per la vita cittadina e per il lavoro dell'Amministrazione del formarsi di gruppi spontanei ma attivi ed assennati di persone attente ai problemi della città. È, il nostro, un Comitato senza uffici, senza patrimonio sociale, senza sede, senza burocrazia, senza programmi "partitici", ma in grado di svolgere una politica disinteressata a vantaggio del quartiere e senza discapito per la città.

A questo proposito ritengo utile consigliare alle istituzioni comunali periferiche di non lasciarsi sfuggire queste preziose opportunità; non giudichino queste iniziative spontanee come tendenzialmente avverse all'Amministrazione. Un atteggiamento simile è un atteggiamento "partitico"; non è un atteggiamento politico, ed è dannoso proprio alla propria parte politica. Il Comitato ha trovato maggior ascolto presso il massimo livello, che nei livelli intermedi, e nessun ascolto negli istituti periferici, che dovrebbero invece crearsi contatti coi cittadini, e, quando questi si attivano spontaneamente, cercarli, dialogare, criticarli, sostenerli. Il Comitato si è trovato di fronte un atteggiamento informato ad una concezione burocratica delle Circoscrizioni che non favorisce la vita della città.

Il Comitato è convinto d'aver aiutato l'Amministrazione a continuare, anche nel nostro quartiere, la linea che si è data di umanizzare la vita cittadina, e perciò intende proseguire in questa funzione. Quindi il Comitato non si scioglie, perché spera per la piazza un arredo rispettoso della sua pineta e della sua funzione di piazza. Il Comitato non ama le piazze fatte per guardare cose o persone che intrattengono spettatori acclamanti; non ama imitazioni della TV. Il Comitato preferisce una piazza dove si spettegola, si ride, si gioca, si discute, si vive una vita di buon vicinato tra le persone che vi si trattengono.

In questa speranza il Comitato è sostenuto dalla presenza del Sindaco, che ringraziamo con la ritrovata allegria del nostro piccolo incontro.

Approfitto di questa presenza per proporre di conferire la cittadinanza onoraria di Piazza Saint Bon al Sindaco Pagano.

Preciso che questa è una mia proposta personale. Il Comitato vaglierà la proposta quando i lavori saranno terminati ed il traffico sarà a regime.

Brindo al Sindaco, brindo alla coraggiosa presenza dell'assessore Cozzani, valoroso avversario che via via si è sempre più aperto al dialogo e all'amichevole collaborazione, brindo al "Gruppo tematico", brindo al Comitato ed agli amici che in esso ho trovato, brindo a tutti quei cittadini che hanno condiviso le nostre preoccupazioni e il nostro comportamento.
Cin Cin.

P. il comitato, Arnaldo Cotogni

La Spezia, Piazza Saint Bon, 22 dicembre 2001

L'avviso del Comune sul programma di modifiche della viabilità in Piazza Saint Bon e vie collegate è stato pubblicato dopo una riunione assai animata che sull'argomento si è svolta mercoledì sera nei locali della Circoscrizione.
I rappresentanti del Comitato difesa della Piazza e del Gruppo tematico sui problemi del centro hanno duramente criticato la mancata presentazione, contestuale al programma dei lavori viari, di un progetto di arredo e sistemazione complessiva della piazza come era stato assicurato nella riunione "estiva" in cui era stata decisa la rotatoria.
Il programma comunale sull'ordine dei lavori accoglie, comunque, alcune delle richieste dei cittadini. Riconduce, infatti, il progetto rotatoria alle dimensioni minime presentate prima dell'estate ed elimina una inutile strada in progetto verso Via dello Zampino (della quale nessuno era riuscito a spiegare il significato), che avrebbe ancor più concorso a "cementificare" la piazza e pregiudicato il progetto di una sua definitiva sistemazione.
Resta però aperto il problema della difesa integrale delle alberature.
Gli abitanti della zona di Piazza Saint Bon hanno a suo tempo considerato positivamente l'accantonamento di ipotesi basate sulla distruzione della pinetina.
Coerentemente respingono con decisione "l'eventuale eccezione - così è scritto nel documento del Comune - dell'abbattimento di una sola pianta di pino se si riterrà tecnicamente inevitabile nella fase di attuazione dei lavori".
Contro questa ipotesi è stato richiesto un incontro urgente al Sindaco Giorgio Pagano.
Gli abitanti ritengono assurdo mutilare la pinetina di Piazza Saint Bon sacrificando un pino che dovrebbe essere abbattuto, sparire per sempre, per consentire l'istituzione temporanea di un doppio senso di marcia in Via XX settembre (di fronte allo "Smeraldo"), per un intervento, cioè, che servirebbe solo per alcuni mesi (durante i lavori di Piazza Garibaldi).
Essi intendono, perciò, discutere con il Sindaco una diversa organizzazione del traffico nel periodo dei lavori che eviti l'inconveniente denunciato.
E vogliono dal Sindaco l'assicurazione che nessun albero della piazza verrà abbattuto.

Dopo l'animata riunione di mercoledì 24 ottobre in Circoscrizione, il programma comunale di modifiche della viabilità in Piazza Saint Bon e vie collegate ha accolto alcune delle richieste dei cittadini, riconducendo il progetto rotatoria alle dimensioni minime presentate prima dell'estate, riordinando i sensi unici secondo una logica più condivisa ed eliminando la inutile strada in progetto verso Via dello Zampino, che avrebbe ancor più concorso a "cementificare" la piazza e pregiudicato il progetto di una sua definitiva sistemazione,
Ci si augura ora che l'avvenuto ripristino del cordolo sull'angolo della pinetina, all'incrocio fra via XX settembre e il prolungamento di Via dello Zampino, reincludendo nello spazio alberato il pino a rischio di abbattimento, corrisponda ad una scelta di salvaguardia integrale del verde alberato e di rinuncia all'istituzione temporanea di un doppio senso di marcia in uscita dalla rotatoria verso Via XX settembre.
Gli abitanti della zona di Piazza Saint Bon si attendono su ciò una assicurazione definitiva e la conseguente definizione del percorso alternativo che dovrà entrare in funzione per il periodo strettamente necessario durante i lavori di Piazza Garibaldi.
Anche nel periodo dei lavori, in attesa della sistemazione definitiva, occorre comunque ripristinare l'illuminazione della piazza e rendere gli attraversamenti pedonali più sicuri, meglio segnalati ed illuminati. E devono essere previsti un adeguato programma e apparecchiature di monitoraggio dei livelli d'inquinamento dell'intera zona.
Quello che resta completamente aperto è il problema della riqualificazione architettonica ed urbanistica della piazza.
Già nel corso della ricordata riunione del 24 ottobre i rappresentanti del Comitato difesa della Piazza e del Gruppo tematico sui problemi del centro hanno criticato la mancata presentazione, contestuale al programma dei lavori viari, di un progetto di arredo e sistemazione complessiva quale era stato assicurato nella riunione di agosto: un progetto che coniughi viabilità, arredo urbano, commercio, aggregazione sociale.
Come in più incontri è stato ribadito, gli interventi in piazza Saint Bon non devono essere finalizzati tanto alla realizzazione di un nodo viabilistico, quanto alla possibilità di far diventare questo spazio urbano un forte elemento di caratterizzazione della zona nord e di valorizzazione dell’immagine della città per chi arriva dalla stazione ferroviaria.
In quest’ottica devono essere progettate la piazza e le vie adiacenti, a partire dal tratto di Via Fiume pedonalizzato, con segni progettuali comuni nell'illuminazione e nell'arredo, e seguendo il metodo della progettazione partecipata, coinvolgendo i cittadini e le loro rappresentanze fin dall'inizio nell"iter" progettuale, per un percorso meno tormentato di quello seguito sugli aspetti viabilistici.

dal Secolo XIX del 28 ottobre 2001
dal Secolo XIX del 29 ottobre 2001
da La Nazione del 30 ottobre 2001
dal Secolo XIX del 1 novembre 2001